Con la sentenza n. 890/16 pubblicata in data 12 gennaio 2016
(udienza del 12 novembre 2015), la Quinta Sezione Penale della Corte di
Cassazione ha analizzato la nuova formulazione dell’art. 2621 cod. civ.,
introdotta con l. 27 maggio 2015 n. 69, che sanziona l’esposizione in bilancio
di fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero (il legislatore ha
previsto l’elisione dell’inciso “ancorché oggetto di valutazioni” e l’aggiunta
dell’aggettivo “rilevante”):
La Corte prende le mosse dal significato del termine
“fatti”: esso non può essere inteso in senso letterale di dato della realtà
fenomenica, ma deve essere interpretato alla luce del contesto in cui la norma
opera ed adeguato al fine che quest’ultima è tesa a conseguire.
Considerato che il bilancio deve dare una rappresentazione
corretta e veritiera della situazione economico finanziaria, evitando che
vengano esposti dati informativi falsi che inducano in errore gli operatori,
secondo la Corte è necessario che nel concetto di “fatti” vengano ricomprese
anche le indicazioni valutative (tanto più che il legislatore ha previsto dei
criteri valutativi predeterminati).
Alla luce di ciò, la Corte ha statuito che l’omessa
svalutazione dei crediti in sofferenza, nel caso di specie pari a circa il 62%
del totale di crediti, effettuata nella consapevolezza dell’impossibilità o
dell’estrema difficoltà della loro riscossione, integra l’illecito di cui
all’art. 2621 cod. civ. e può comportare la condanna per bancarotta fraudolenta
impropria ai sensi del combinato disposto degli artt. 2621 cod. civ. e 223,
R.D. 267/1942.
L’interpretazione resa dalla sentenza in esame si pone in
contrasto con la precedente sentenza n. 33774 depositata il 30 luglio 2015: con
tale precedente la quinta sezione penale della Suprema Corte aveva invece
statuito che “la nuova formulazione degli
art. 2621 e 2622 c.c. (…) nella parte in cui, nel prevedere ancora come reato
l'esposizione di ‘fatti materiali non rispondenti al vero’, non contengono più
l'inciso ‘ancorché oggetto di valutazioni’, comporta che non possa più
ritenersi sussistente il reato di falso in bilancio (…) quando trattasi di
fatti materiali la cui mancata rispondenza al vero sia frutto di procedimenti
valutativi di realtà comunque sussistenti, pur se sovrastimate o stimate con
criteri poi rivelatisi erronei”.